24 Marzo 2013

La corretta pratica della macellazione tradizionale: tra leggi e benessere

La pratica della macellazione consiste nell’insieme delle operazioni necessarie per trasformare gli animali da produzione, preventivamente riconosciuti idonei in quanto sani, in carni adatte al consumo alimentare umano e, quindi, in alimenti salubri.

Il presupposto della macellazione è, dunque, l’uccisione dell’animale nel rispetto di determinate condizioni igienico sanitarie e di benessere per l’animale stesso, che ne garantiscono il giudizio di commestibilità.

Al fine di assicurare la conservabilità nel tempo dei prodotti derivati, nella macellazione è necessario procedere a un rapido e completo dissanguamento delle carcasse, cosa che si può ottenere solo mantenendo la pulsazione del cuore per alcuni minuti dopo lo stordimento del soggetto; ciò ha richiesto l’obbligo, nella macellazione convenzionale, dell’operazione di stordimento, quale sistema per eliminare il dolore, mentre l’animale è comunque ancora vivo.

Con lo stordimento, infatti, la coscienza e con essa la sensibilità al dolore dell’animale e quindi lo stress, fattore che incide sulla qualità e la conservabilità della carne, sono praticamente annullate.

Lo stordimento, nella macellazione tradizionale, è attuato per legge prima della iugulazione per evitare all’animale la coscienza e il dolore al momento dell’eutanasia, può essere ottenuto mediante concussione (pistola a proiettile captivo), elettrocuzione o inalazione.

Mantenuta fino al momento della morte effettiva, tale condizione consente di evitare, per quanto possibile, stati di sofferenza percepita, essendo il soggetto reso inconsapevole e così preservato anche dall’angoscia e dallo stress.

La morte per il successivo dissanguamento, dovrebbe sopraggiungere in tempi sufficientemente brevi da precedere ogni rischio di “risveglio”.

Nella macellazione rituale invece, lo stordimento non è previsto.

di Mosè Alise

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