17 Giugno 2015

Bandiere blu 2015: Campania ai primi posti.

Come ad ogni vigilia della stagione estiva, anche quest’ anno sono state assegnate  alle spiagge italiane le Bandiere Blu, che ne identificano il livello di balneabilità e che, in alcuni casi, ne sanciscono l’eccellenza.
I circa 480 km complessivi di coste vengono ogni anno confrontati con una serie di standard che individuano requisiti definiti “imperativi” e “guida”  che vengono aggiornati periodicamente, al fine di spronare le amministrazioni locali a promuovere politiche di sostenibilità del territorio volte alla salvaguardia dell’ambiente.
Sulla base di tali conformità questo anno le bandiere blu sono state assegnate a circa l’80% delle coste campane, con dati elaborati dalla Agenzia Regionale di Protezione Ambientale (ARPAC) e resi pubblici dalla Regione Campania.
Sul sito dell’ARPAC viene fornita una mappa interattiva con i diversi livelli di balneabilità delle coste. Dai risultati pubblicati, si evince l’eccellenza delle acque antistanti le tre isole del Golfo di Napoli: Ischia, Capri e Procida.
Balneabile sarebbe anche il tratto di mare compreso tra Posillipo e Santa Lucia, mentre la maglia nera dell’area viene assegnata alla zona di San Giovanni a Teduccio, fortemente caratterizzata da insediamenti industriali.
Ottimi i risultati ottenuti dalle coste del Cilento.
Nonostante gli ottimi risultati pubblicati, nella mattinata di domenica 14 Giugno,  nel braccio di mare tra Pozzuoli e Bagnoli è apparsa una grossa chiazza marrone.
Come è stato successivamente dichiarato, il tratto di mare “incriminato” è interessato da una serie di scarichi che fanno parte del collettore Napoli-Cuma, già in passato balzato agli onori della cronaca per problemi simili.
Furente l’Assessore all’Ambiente di Pozzuoli, che ha più volte sollecitato la chiusura dello scarico responsabile, ma dal Comune di Napoli si scarica la responsabilità su fondi di cui si è in attesa.
Il tratto di mare interessato da questo tipo di inquinamento rientra tra quelli dichiarati balneabili dall’ ARPAC. Infatti, la responsabilità della chiazza osservata non sarebbe direttamente collegata al collettore che raccoglie i reflui dell’area di Napoli, ma agli alvei di paesi limitrofi mal controllati o, in alcuni casi, abusivi.

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