28 Settembre 2013

Rinascere dalle macerie

Partendo dalla celebre frase ”il terremoto fa bene ed è volere di Dio”, citata durante una puntata di una celebre fiction, si potrebbe riflettere su quanto di vero si cela dietro queste parole, tanto dure quanto al limite della cattiveria umana.

Scientificamente gli eventi sismici non sono altro che improvvisi movimenti della crosta terrestre provocati da un brusco rilascio di energia accumulata nel sottosuolo.

Tali episodi, in relazione alla loro potenza, possono provocare effetti catastrofici sul territorio, distruggendo abitazioni e quanto di più bello abbiamo ereditato dalla cultura architettonica del passato, oltre un forte impatto nell’animo umano.

Eppure, in molti casi si deve ringraziare proprio tali episodi perché oggi possiamo godere della bellezza di architetture con caratteri stilistici particolari, come quanto avvenuto nella Val di Noto, colpita da un terribile evento sismico nel 1693, che comportò la totale distruzione di più di 45 centri.

Ed è proprio da tale devastazione che tutta l’area della Sicilia orientale ha trovato occasione per rinascere, partendo esattamente dalle proprie macerie, ma secondo canoni progettuali e compositivi della moda del periodo. Il Barocco siciliano infatti, definisce un proprio linguaggio figurativo, caratterizzato da un decorativismo scenografico estremamente accentuato ed da un cromatico non indifferente.

In tempi più recenti anche l’area del Belice può vantare unarinascita, successivamente alla totale distruzione provocata dal terremoto del 1968. La città di Gibellina Nuova, edificata in sostituzione di Gibellina vecchia, rasa al suolo dal sisma, è, essa stessa, un vero e proprio museo dell’architettura moderna, progettata in ogni sua parte dal genio di architetti e artisti contemporanei.

Se da un lato si ha pena per la tragedia, dall’altro, le bellissime chiese in stile barocco e le ricche decorazioni palaziali che apprezziamo tutt’oggi rappresentano la possibilità che i nostri predecessori hanno avuto di lasciare una traccia del loro modo di approcciarsi all’architettura o, nel caso di Gibellina, approfittare della catastrofe, quasi come una sfida dell’uomo nei confronti della natura, non soltanto per rinasce dalle proprie macerie, ma,addirittura, riutilizzarle e renderle immortali proprio come si vede nell’opera di Land art del Cretto di Alberto Burri.

di Mosè Alise

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