11 Marzo 2015

Gesù mangiava Kosher ? La salvezza dell’anima attraverso la dieta del corpo

Questo dubbio angoscia credenti e studiosi sia di fede ebraica che cristiana, da quando sul passo 7:15 del Vangelo di Marco è nata una diatriba che non trova soluzione univoca ancora oggi .
Non è certo questione di poco conto, le prescrizioni ebraiche sul regime alimentare non costituiscono certo l’invito ad una particolare dieta che lasci benefici alla linea, bensì sono parte essenziale e rituale della pratica della fede. Gesù era un rabbi e come tale un “maestro della fede” da cui si doveva apprendere l’esatto ed ortodosso insegnamento. Come conciliare quindi, tutto ciò con quanto Marco testimonia della sua lezione? dice Gesù : “Non c’è nulla di esterno all’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo. Piuttosto sono le cose che escono dall’uomo quelle che contaminano l’uomo.”
È bastato questo breve passo, unito alla contestazione mossa dai farisei, che non erano usi, i discepoli purificarsi prima dei pasti;per sconvolgere uno dei pilastri della fede ovvero la ritualità.
La vexata-quaestio vanta presupposti scientifici, poi dimostrati nei secoli successivi, ed anche la filosofia ha ritenuto di condividere l’idea che l’alimentazione abbia una influenza sull’uomo non solo di tipo nutrizionistico. Già il filosofo Feuerbach asseriva : “Noi siamo quello che mangiamo” e gli studi di Andrè Simoneton e di Von Bunge confermerebbero una decisa influenza del cibo sull’organismo e sul pensiero dell’uomo e dunque sulla sua spiritualità.
Anche le tradizioni mediche dell’estremo oriente (medicina cinese) e quelle filosofiche e religiose indiane (Yoga e medicina ayurvedica) lasciano intravedere una necessaria correlazione tra l’alimentazione e le sue conseguenze sul fisico e sullo spirito dell’individuo. Questa correlazione è brillantemente coltivata, in occidente, dalla medicina omeopatica.
Dunque perché il Messia avrebbe dovuto invitare ad ignorare dette pratiche specialmente se, in considerazione dei tempi, molte di queste oggi le considereremmo semplicemente igieniche e le pratichiamo quotidianamente senza legarle ad una regola di fede come l’abitudine di lavarsi le mani prima di toccare il cibo.
Un contributo lo fornisce uno dei più insigni studiosi del Talmud, Daniel Boyarin, che da buon esegeta analizza e contestualizza il capitolo 7 di Marco. Come noto Gesù parlava per parabole ovvero si serviva di esempi su fatti di vita per trasmettere insegnamenti dogmatici. In questo passo, ci suggerisce Boyarin, il problema non è di adottare un regime alimentare che non sia kosher bensì quello di far comprendere che essere rigorosi osservanti di regole non implica essere giusti, né in armonia con la propria fede.
Queste monito oggi dovrebbe farci riflettere su quanto la moralità, anche della vita pubblica, intesa come organismo della società, sia più importante delle regole di purezza che vogliono attribuirsi alcuni ostentando una presunta legalità che ci fa divenire novelli farisei del nostro stato.

di Vito Vincesilao

TAGS:
Non ci sono commenti.