11 Gennaio 2023

IL PONTE DELLE SPIE: RECENSIONE

Il ponte delle spie è un film che non tratta il tema dello spionaggio in maniera edulcorata e spettacolare come nei migliori 007… Il Martini agitato non mescolato è sostituito dalle manovre dei servizi segreti che si basano su arditi percorsi strategici e hanno precisi significati politici in un contesto quale quello dei primi anni di guerra fredda. Tale tematica conferisce al film un valore politico che lo rende tanto raffinato quanto attuale. Diventa estremamente interessante analizzare come non si tratti di un’opera cinematografica che esalta e celebra il trionfalismo americano, ma ne traccia un quadro sociale realistico e ben inserito nel momento storico di riferimento. Nella dicotomia generata dal conflitto ideologico fra democrazia occidentale e totalitarismo sovietico emerge un’esaltazione del costituzionalismo garantista che incarna un avvocato che lavora compagnie assicutive, interpretato dal sempreverde Tom Hanks, il quale si impegnerà nel garantire il rispetto e la difesa dei diritti di una spia che nella democrazia non crede e perciò cerca di sovvertire il sistema. L’altro protagonista, Mark Rylance, si immedesima nelle sfaccettature di un uomo seraficamente fedele a falce e martello per i quali ha sacrificato la propria libertà con valorosa accettazione delle conseguenze del caso. Due uomini “tutti d’un pezzo” divisi da ideologie diverse ma uniti dall’attaccamento ai rispettivi valori e dal rispetto che per questo mostrano reciprocamente. Da qui gli elementi di una sceneggiatura che i fratelli Coen hanno reso analitica e pertinente alla materia politica di riferimento, caratteristiche che hanno arricchito e valorizzato la regia mainstream di Spielberg, che nei film di guerra e storici difficilmente è riuscita ad andare oltre la mera celebrazione dell’americana Provvidenza. In alcune parti lo scorrimento dell’intreccio è sicuramente lento, ma ciò dà il tempo allo spettatore di afferrare correttamente i punti strategici sui quali si basano i negoziati, favorendo quindi la produzione di una suspence che non è emotiva, ma logica e cerebrale. Insomma, osate uscire invece di accendere la tv per per vedere Il ponte delle spie? Servirebbe?

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