2 Ottobre 2015

Il problema della libertà di stampa: la Suprema Corte tra privacy e libertas – di Vito Vincesilao

Con le sentenza depositata il 28 settembre 2015 n. 39195 la Cassazione Penale si districa nella vexata quaestio che assilla il dibattito giudiziario da qualche di tempo : può conciliarsi la libertà di stampa con l’esigenza di tutela della privacy e della necessaria salvaguardia di ogni cittadino dalle ipotesi, più articolate e complesse anche sotto il profilo dell’evoluzione giuridica, di diffamazione a mezzo stampa?

Il problema, pur attualissimo, è alquanto risalente nella giurisprudenza, ed è singolare che da oltre 2000 anni non si riesca a trovare una soluzione definitiva.
In effetti i primi a doversi cimentare con questa problematica furono proprio gli Ateniesi, una società evolutasi nei principi della democrazia e che pertanto riconosceva ad ogni cittadino la parresìa, ovvero la più ampia libertà di pensiero, parola e ancora di più di divulgazione di opinioni che talvolta sfociavano in illazioni senza timore di spingersi oltre i limiti della decenza giuridica e approdare nell’ingiuria.
Roma, ove la libertas non aveva un così ampio ventaglio di facoltà concesse essendo strettamente connessa alla auctoritas, conobbe la prima previsione normativa con le XII tavole per contrastare ingiurie e diffamazioni sino alla nota lex de iniuriis voluta da Silla.
Ebbene da allora, saltando le evoluzioni giuridiche dottrinarie e filosofiche, si giunge alle norme CEDU, ultimo baluardo a difesa delle democratiche libertà.
L’art. 10 norme CEDU, richiamato dalla sentenza epigrafata, infatti non consente che si adottino misure punitive tali da dissuadere i mezzi di comunicazione dell’adempiere alla primaria funzione sociale di allertare il pubblico, garantendo alla generalità dei consociati di rimanere informati su eventuali abusi dei pubblici poteri.
Ma sin dove può spingersi il diritto del giornalista o degli organi di informazione? Quale oggettiva informazione si potrà avere da organi di stampa legati alle molteplici fonti di potere del mondo attuale?
Sostiene la Suprema Corte: Il diritto del giornalista alla libertà di espressione è tutelato a condizione che egli agisca in buona fede, sulla base di fatti correttamente riportati, e fornisca informazioni affidabili e precise nel rispetto dell’etica giornalistica; esprimere una valutazione su fatti reali quando non vi sia base oggettiva perché i fatti in questione si prestino alla lettura che ne viene offerta, può realizzare una condotta diffamatoria, così come a fortiori è offensivo dell’altrui reputazione addebitare a taluno fatti non sono reali.
Verrebbe da supporre che ci si sia ispirati al modello inglese della BBC nel proporre uno stile di deontologia giornalistica; tuttavia oggi i modelli giornalistici sono molteplici. Quid juris se seguissimo il modello Al Jazeera?
Un fatto pur se oggettivamente offerto alla diffusione pubblica, non può sottrarsi ad una sua interpretazione ove non trascenda in manipolazione, inevitabilmente soggettiva e necessariamente deduttiva; è come ricostruire la verità processuale di un fatto … per quanto descritta da più testimoni ognuno, in buona fede, offrirà all’uditorio solo e sempre il suo esclusivo punto di osservazione, diverso e forse opposto agli altri e pur non men vero.

di Luciano Colella

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